Siamo nell'inverno del 1995 e l'U.S. Bionde si avvia spedita verso la cinquantesima edizione della gara. Bisogna fare qualcosa di particolare, ed è parlando con il Presidente Filippo Scipioni che nasce l'idea di realizzare una pubblicazione speciale (ormai introvabile) che possa documentare "il ciclismo di quei tempi" e ricordare degnamente la 50^ edizione. Con la passione dell'ex corridore e l'impegno di socio dell'U.S. Bionde, ho raccolto con entusiasmo l'invito del Presidente, l'occasione era quella giusta, dopo tanti anni era giunto il momento di fissare alcuni ricordi, prima che scomparissero insieme a chi li aveva vissuti o raccontati. Quelli che leggerete sono brevi spaccati di una storia di sport che dura da più di settant'anni, una storia che è parte di noi, sono vicende umane, raccolte parlando con la gente anziana del paese, incontri al bar oppure a casa di alcuni preziosi testimoni che sono stati felici di raccontarmi e rievocare insieme, alcuni momenti di questa lunga avventura sportiva che ancora accomuna il nostro piccolo paese.
Ettore Isoli
Autunno del 1945, c'è nell'aria qualcosa di nuovo, gli americani sono appena andati via, ed ecco che nasce dentro una voglia matta di fare, di guardare al futuro con la fiducia smisurata di chi si rende conto che, il solo fatto di essere ancora vivi, rappresenta già una prima grande vittoria. E' con questo spirito che uno sparuto gruppetto di "matti" vuole dare a loro stessi ad alla nostra gente, un segnale di fiducia nel futuro, con una iniziativa semplice e nel contempo carica di significati che vanno oltre il fatto sportivo. Una corsa ciclistica che riporti sulle strade la nostra gente, la faccia sorridere ed applaudire insieme, il vincitore di una battaglia finalmente senza vittime.


Guardando con attenzione la fotografia, si capisce chiaramente quanto i corridori affidassero alla buona sorte (ed ai tubolari) le loro fortune. Le strade non erano ancora asfaltate tranne pochissime, pertanto la foratura era un evento assolutamente normale. Il servizio di cambio ruota era di là da venire ed il corridore doveva fare tutto da solo. Osserviamo questo corridore della S.C. Nicolò Biondo di Carpi (MO) mentre, sul ciglio della strada, è intento ad effettuare nel minor tempo possibile, una precisa serie di operazioni manuali: per prima cosa bisognava staccare il tubolare che era fissato al cerchio mediante un apposito mastice molto tenace, pertanto bisognava esercitare una forza non indifferente per riuscire a staccarlo dalla propria sede. Poi si faceva l'operazione contraria utilizzando il tubolare di scorta (normalmente legato sotto il sellino). Si provvedeva a gonfiare adeguatamente il pneumatico con l'immancabile pompa manuale e, se tutto andava bene, dopo tre o quattro minuti di febbrile lavoro, con le mani sporche ed attaccaticce, il corridore poteva rimettersi in sella e tentare un improbabile rientro.

Nel primo dopoguerra, l'U.S. Bionde era spesso chiamata ad organizzare delle gare ciclistiche anche nei paesi limitrofi, in quanto era l'unica società ad avere il riconoscimento ufficiale da parte dell'U.V.I. (Unione Velocipedistica Italiana). A queste gare, partecipavano spesso anche dei corridori cosiddetti "liberi" ovvero privi di una formazione organizzata, dotati solo di una bici da corsa e delle proprie gambe. Molto spesso questi corridori erano costretti a percorrere anche una cinquantina di chilometri per recarsi sul luogo di partenza, disputavano la gara, e poi ritornavano a casa sempre in bicicletta, stanchi morti, e con una gran fame addosso. Molti avevano un accompagnatore, alla fine della gara alcuni si vedevano salire, con la bici a tracolla, sulla moto di un amico sportivo che li avrebbe riportati a casa. Era un ciclismo povero, fatto da ragazzi che lavoravano dodici ore al giorno e ogni Domenica, correvano quasi senza allenamento, con un sistema di alimentazione carente, ma provvisti di un coraggio ed una determinazione che forse oggi manca ad alcuni dei nostri giovani.
A Bionde si racconta di un giovane corridore del paese di Bionde, detto "El Busana", che viveva in una famiglia povera e numerosa, nella quale, a quei tempi, era difficile mettere insieme quanto serviva per preparare i pasti. Per lui, sempre affamato, ogni occasione era buona per mettere qualcosa sotto i denti. Si ricorda di una edizione della corsa nella quale, prima della partenza, il nostro atleta fece una gratuita ed abbondante colazione, ingurgitando tutto quanto potè trovare di commestibile. Dopo pochi chilometri dal via, voleva già ritirarsi in quanto accusava forti dolori allo stomaco, segno evidente di una bella indigestione. Il giudice di gara, e gli amici di Bionde al seguito della gara, lo spronarono all'infinito a raggiungere il lontano traguardo di Bionde, cosa che fece quando la gara era finita ormai da un pezzo ed in paese non c'era più nessuno.
Vale senza dubbio la pena di raccontare le singolari modalità usate nel primissimo dopoguerra, per inoltrare le comunicazioni urgenti all'U.V.I. di Vicenza per l'organizzazione delle gare ciclistiche:
- in uno dei tantissimi viaggi quotidiani, "Ciaparo" attraversava, nei pressi di Sanguinetto, un passaggio a livello, a guardia del quale stava un custode appassionato di ciclismo, che disponeva di una postazione telegrafica posta all'interno del piccolo casello ferroviario;
- il fornaio "Ciaparo" consegnava il plico al casellante, il quale utilizzava il telegrafo per trasmettere i messaggi dell'U.S. Bionde fino alla stazione delle FF.SS. di Legnago;
- a Legnago, complice la grande passione sportiva del Capostazione Sig. Carlo Avanzini, il messaggio veniva ritrasmesso a Vicenza dove arrivava finalmente a destinazione nella sede dell'U.V.I.
A cavallo degli anni 50, la gara era già diventata di interesse regionale, pertanto bisognava comunicare l'ordine di arrivo ufficiale e le fasi salienti alla redazione sportiva del giornale L'Arena di Verona. A quei tempi, purtroppo, esisteva su tutto il territorio comunale una sola postazione telefonica pubblica, posta nel capoluogo a Salizzole; gli accordi erano di commutare manualmente l'apparecchiatura, su una linea derivata fino a Bionde. Il telefono doveva quindi venire lasciato libero ad una certa ora prestabilita (circa le 17.00). Ebbene, spesso succedeva che "stranamente" quando arrivava il momento, il telefono non funzionava, oppure risultava occupato. E' solo un piccolo episodio che serve a spiegare un pò il clima di "campanile" che esisteva e ancora esiste tra Salizzole e la frazione di Bionde, soprattutto in occasione di competizioni sportive o tornei. Il problema del telefono fu risolto mandando qualcuno dell'organizzazione a presidiare il posto pubblico di Salizzole per qualche anno, fino a quando venne attivata la linea diretta ed il telefono pubblico arrivò a Bionde presso il Bar Colombini, dove esiste tutt'ora.
Luigi Benvenuti atleta del G.S. Excelsior di Granze (PD) è il vincitore dell'edizione del 1951. Osservando con attenzione la fotografia, si notano alcuni particolari molto interessanti: le magliette dei corridori avevano il colletto a V ed erano realizzate con la chiusura a tre bottoni, non esisteva ancora la cerniera lampo. Osserviamo anche un originale quanto efficace sistema di regolazione per l'inclinazione del sellino, realizzato in durissimo cuoio, con le borchie di fissaggio diventate lucenti per il continuo effetto lucidante dovuto alla pedalata.


Cleto Maule, glorioso portacolori del V.C. Vicenza Campagnolo è il vincitore nel 1952. Possiamo osservare al collo dell'atleta gli occhiali automobilistici alla Tazio Nuvolari.
I tubolari di scorta si portavano infilati sul collo e sotto le ascelle.
Oggi c'è il cambio ruota sempre a disposizione ed il corridore dispone normalmente di una bicicletta supertecnologica che normalmente è provvista di:
- telaio superleggero in alluminio o carbonio
- cambio a 21 velocità con leve poste sul manubrio
- strumento digitale per conteggio Km e velocità
- cardio frequenzimetro per il controllo dei valori di soglia
- ricetrasmittente a contatto con D.S. e squadra
Per fortuna, oggi come allora, se non ci sono le "gambe buone" non si vince con l'apporto della sola tecnologia.
Dobbiamo alla genialità del fabbro del paese Severino Codognola, oggi scomparso, l'invenzione di un sistema mai visto prima, economico, semplice ed efficace per segnalare il percorso ai corridori. Partendo dal ragionamento che i corridori guardano a terra e non per aria, Severino realizzò una sorta di "timbro gigante" con un lungo manico in metallo. Su una base lunga circa settanta centimetri, riportò su spugna la forma di una freccia direzionale e la scritta VICENZA-BIONDE. Due giorni prima della gara, nottetempo per non intralciare il traffico, una squadra di volonterosi sopra un camioncino, provvedeva a percorrere l'intero tracciato della gara. Una vaschetta piena di vernice bianca o gialla fungeva da tampone, e forniva la materia prima per realizzare visibili frecce direzionali sul manto stradale in corrispondenza degli incroci. In seguito il sistema venne abbandonato per problemi di persistenza delle grandi frecce sull'asfalto anche a distanza di molti mesi dalla gara.
Si racconta di una edizione svoltasi intorno ai primissimi anni cinquanta, erano i primi giorni di Aprile e faceva ancora un grande freddo, in quella Domenica poi, cadde anche la neve, e fu una tragedia. Alcuni corridori intirizziti, bagnati fradici e sporchi di fango fin sui capelli, furono "ricoverati" dentro le stalle, unici ambienti un pò caldi, messi volentieri a disposizione da alcuni agricoltori delle frazioni vicine, poste lungo il circuito finale. Alcuni caddero dopo essere arrivati sotto il traguardo, incapaci di togliere le mani dal manubrio ed usare le mani per sganciare i fermapiedi. Altri ancora furono sorretti da volonterosi in quanto il freddo era tale che non erano più in grado di stare in piedi da soli. La corsa si concluse con grande ritardo sulla tabella di marcia. A Bionde, gli unici locali davvero caldi erano solo i due forni del paese, all'interno dei quali, tra i sacchi di farina, si provvedeva a riempire delle tinozze d'acqua calda per mettere i corridori nelle condizioni di lavarsi e cambiarsi i panni.

Siamo nel 1950, quando a Vicenza, presso la sede dell'U.V.I. (Unione Velocipedistica Italiana) avviene l'incontro tra il Dott. Renato Chiaramonte, Presidente dell'U.S. Bionde, e il Comm. Tullio Campagnolo, imprenditore di successo, grande appassionato di ciclismo e componente del Comitato Regionale Veneto. La Vicenza-Bionde è ormai diventata una gara importante e il marchio Campagnolo ha conquistato il mercato mondiale.
Il Comm. Campagnolo, inventore del famoso cambio, partecipò come competente osservatore a numerose edizioni della corsa, fornendo alcuni automezzi e successivamente mettendo a completa disposizione dell'U.S. Bionde per molti anni, la sede prestigiosa del V.C. Vicenza-Campagnolo di Viale Trieste per le operazioni di partenza.


La strada è bianca, non ancora asfaltata.
Nella foto a fianco osserviamo attentamente il transito di un gruppetto di tre corridori in fuga sulla salita delle Torricelle a Verona. A lato, lo sportivo con il cappotto ci fa capire che c'è freddo. La sede stradale è priva di asfalto e notiamo che i tre atleti sono "sui pedali", impegnati nel massimo sforzo per la conquista del GPM posto qualche centinaio di metri più avanti. Sullo sfondo la pianura a est di Verona. Per molti anni, la gara ha offerto lo spettacolo del G.P.M. posto al culmine della salita cittadina, alla quale i corridori arrivavano provenienti da Porta Vescovo, per poi discendere velocissimi verso il centro storico di Piazza Brà. Speriamo che si possa un giorno ritornare a transitare su quello che per moltissimi anni è stato il G.P.M. della Vicenza-Bionde.
Nei primi tempi, il massimo dei mezzi di cui poteva disporre l'organizzazione della Vicenza-Bionde era costituito da due motociclisti e due automobili.
La Polizia Stradale venne molto più tardi, bisognava arrangiarsi in qualche modo, anche raccomandandosi l'anima a Dio, in quanto i pericoli erano (e sono ancora oggi) sempre in agguato. A Bionde si racconta ancora di una lontana edizione in cui, durante l'attraversamento del centro abitato di Lonigo, il gruppetto di fuggitivi che era in testa, assieme alla prima moto ed all'auto della giuria, prese il bivio per S. Bonifacio come il percorso di gara prevedeva, ma purtroppo il resto del gruppo inseguitore, una volta arrivato in centro a Lonigo, prese la direzione sbagliata in direzione di Cologna Veneta. Ora provate solo ad immaginare come sia stato possibile, in totale assenza di ricetrasmittenti o cellulari, e con una sola moto a disposizione, riuscire a fermare i corridori in testa, rincorrere e fermare quelli che avevano sbagliato percorso, ritornare sulla retta via, riunire tutti e ripartire ancora verso il lontano traguardo di Bionde.


SFILATA DI AUTO D'EPOCA ??
No, è la carovana della Vicenza-Bionde nell'anno 1952
Siamo nei pressi di Montebello e l'auto della STAMPA è la prima a seguire i corridori che stanno tutti davanti. Sulla destra una signora in bicicletta si è fermata e guarda incuriosita, lo stesso dall'altra parte della strada, con un signore anch'esso fermo con la sua bici. Al centro della strada una moto dell'organizzazione con il N. 16 sul fanale. Sulla sx si vedono tre moto e sulla terza, vi sono addirittura tre persone, il padre, un bambino al centro e la madre dietro. Ovviamente, tutti sono senza casco. Da notare il vestiario assolutamente normale, nulla a che vedere con l'abbigliamento dei motociclisti di oggi.


Dall'osservazione attenta di questa bella foto possiamo cogliere alcuni interessanti particolari. Siamo alla fine degli anni cinquanta. La sede stradale non è ancora stata asfaltata. Per l'illuminazione pubblica basta un solo lampione appeso al centro della strada. Sulla destra, il pubblico è trattenuto da un robusto filo di ferro (residuato bellico) teso da una serie di "piantoni". Questi robusti pali, lunghi circa 1,5 metri, per tanti anni vennero utilizzati per reggere il filo al posto delle attuali transenne. Il compito era affidato a Luperio "Perio" De Carli ed Erminio Lucchese che erano due dipendenti del Dott. Renato Chiaramonte. Mi sembra ancora di sentire il rumore delle tremende mazzate che "Perio" assestava per conficcare i pali a bordo strada, mentre Erminio li teneva fermi con le mani per il tempo necessario. Ettore Isoli

Le stalle per scaldare i corridori
Si racconta di una edizione svoltasi intorno ai primissimi anni cinquanta, erano i primi giorni di Aprile e faceva ancora un grande freddo, in quella Domenica poi, cadde anche la neve, e fu una tragedia. Alcuni corridori intirizziti, bagnati fradici e sporchi di fango fin sui capelli, furono "ricoverati" dentro le stalle, unici ambienti un pò caldi, messi a disposizione da alcuni agricoltori delle frazioni vicine, poste lungo il circuito finale. Alcuni caddero a terra, appena dopo il transito sotto il traguardo, altri ancora furono sorretti da volonterosi in quanto il freddo era tale che non erano più in grado di staccare le mani dal manubrio. La corsa si concluse con grande ritardo sulla tabella di marcia. A Bionde, gli unici locali davvero caldi erano solo i due forni del paese, all'interno dei quali, tra i sacchi di farina, si provvedeva a riempire delle tinozze d'acqua calda per mettere i corridori nelle condizioni di lavarsi e cambiarsi i panni.
Raccolgo dalla memoria di un amico una divertente testimonianza sull'arte "di arrangiarsi". Dobbiamo andare indietro nel tempo, intorno al 1952-53 quando, al nostro ciclista compaesano detto "El Busana" viene una brillante idea: procurarsi a costo zero un paio di guanti da ciclista, che non avrebbero avuto nulla da invidiare a quelli che indossavano i corridori più attrezzati. La madre del nostro amico aveva confezionato in casa (allora si usava ancora) un paio di guanti in pelle di coniglio, (erano tempi in cui, specialmente in campagna, non si buttava nulla). " El Busana" non trovò di meglio che "amputare" con una forbice le dita dei quei caldissimi quanti in pelliccia, per ottenere all'istante ciò che gli serviva. Quella edizione della Vicenza-Bionde fu caratterizzata da una bellissima giornata di sole, con una temperatura vicina ai trenta gradi. Possiamo solo immaginare l'effetto di quella pelliccia sulle mani del nostro eroe. I testimoni ricordano che si vedeva il pelo del coniglio che usciva dalle dita dei guanti, intrisi di sudore ma portati con orgoglio dal nostro eroe.
In quegli anni, tutte le società sportive che volevano organizzare delle gare, dovevano prima affiliarsi all'U.V.I. (Unione Velocipedistica Italiana) che aveva sede regionale a Vicenza. In seguito l'U.V.I. sarebbe diventata l'attuale F.C.I. (Federazione Ciclistica Italiana). Vista la vicinanza di Bionde al confine con la Lombardia, (a soli sei Km di distanza) furono i dirigenti dell'U.V.I. di allora, a proporre che la nostra gara avesse come sede di partenza la città di Vicenza, con l'obiettivo di proporre la corsa nella veste più ampia di Giro del Veneto Occidentale. L'idea venne accolta dall'U.S.Bionde con entusiasmo e quindi, ecco spiegato il motivo di questo nome. La prima edizione con partenza da Vicenza si svolse nel 1950 ed era valevole come prova unica del Campionato Regionale Veneto. La partecipazione fu massiccia e vide alla partenza ben 350 corridori, un numero che diede subito l'idea del prestigio che avrebbe dovuto acquisire in seguito la nostra gara. Nella foto a fianco è possibile distinguere il Cav. Pittarlin (di spalle, con il cappotto e le braccia alzate), allora presidente del Comitato Regionale Veneto U.V.I.






